Quando si attraversa un luogo troppo in fretta si dimentica la propria ombra. Se si è fortunati la si ritrova lì, la sera, ad aspettarci, oppure come tante, svanisce nel buio per rinascere all’alba di ogni giorno.
Le ombre hanno più tempo di noi, possono restare a lungo nei luoghi che visitiamo per scoprirli, viverli, conoscere le persone che incontriamo, toccarle, attraversarle.Fatte di aria e silenzio, si muovono di notte tra i vicoli delle città deserte. A passi lenti, poi veloci. Sgusciano come ladre di luce e pozzanghere. Il vento ne cancella le impronte, mentre la pioggia annebbia i contorni e mischia i colori. In assenza di luce i luoghi sono diversi, le città, le stazioni, le piazze metropolitane diventano scenari post-apocalittici in cui riappacificarsi con i pensieri e ritrovare le ombre dimenticate alla luce dei lampioni.
Mariarosaria Stigliano le ha intrappolate, ne ha fermato il passaggio impercettibile e veloce nelle sue inquiete visioni urbane. Scenari emozionali, paesaggi deformati dalla distratta indifferenza, dalla frettolosa solitudine, dalla distanza emotiva che l’uomo riserva alla propria anima.
Nelle sue impressionistiche istantanee, sguardi ‘mossi’ oltre la vista, la Stigliano rincorre i pensieri, traccia i percorsi delle emozioni, traduce nervosamente le peripezie dei corpi, le evoluzioni dello spirito, gli incroci di parole, i transiti delle idee, il sovrapporsi incessante di luoghi e persone, persone e luoghi, nel tentativo coraggioso di ingannare il Tempo e ricucire la distanza tra il buio e la luce.
Lucrezia Naglieri