Fuori Sync

FUORI DAL CORO #2, tecnica mista su carta, 100x70cm, 2009 di Mariarosaria Stigliano
FUORI DAL CORO #2, tecnica mista su carta, 100x70cm, 2009

La galleria Il Melone Arte Contemporanea di Rovigo presenta Fuori Sync mostra personale di Mariarosaria Stigliano. L’evento, a cura di Donatella De Marchi e Gianni Cagnoni, si apre:

Venerdì 28 maggio dalle ore 18.30
negli ampi spazi di
via Oberdan 31, Rovigo
Galleria Il Melone

La mostra sarà visitabile dal 28 maggio al 24 luglio 2010
Orari: da martedì a sabato 10-13/16.30-19.30
(domenica e lunedì su appuntamento)
Testo in catalogo: Mauro De Felice

Mariarosaria Stigliano, artista creativo di questi sapienti giochi grafici condotti con singolare capacità di evocazione di civiltà stilistiche, appartiene alla presunzione di rinnovamento umanistico o di ripresa dell’arte dopo la ostentata e ripetuta mercificazione. L’artista nelle sue opere condiziona e indirizza lo sguardo dell’osservatore su un’attività di memoria dove indicazioni prospettiche accentrano le architetture, i pensieri, le profondità e le verticalità riassumendo, nella sua effusione tonale, ogni articolare rilievo in modo da annullare, con poetica astrazione, ogni peso e concretezza.

Tutto si confonde e si mescola. Il simbolo è una architettura aperta dove l’interno è l’esterno e le animate interposizioni, annunciano i percorsi. L‘opera di Stigliano diventa allora teatro, memoria, segno, simbolo, realtà. Il quadro rivela uno spazio magico, luogo di fabulazione, momento di illusione, espressione di un pensiero creativo, di un’esperienza inventata o vissuta, di un inconscio fertilizzato, utopie di nuovi tempi, matrice e schermo di fantasie lontane, di giochi fuggitivi, inseguimento di ombre.

Per Stigliano l’arte è una fonte di pulsione, un conduttore di energia grafica. I segni sono tracce di orme di un racconto, monogrammi dell’immaginazione, vincolo e legame tra luce-colore, spazio-linea, tra utopia e realtà. Con la dilatazione dello spazio prevale l’aspetto simbolico-figurativo di una dimensione incognita propria di una civiltà urbana in divenire. L’artista proietta in questa dimensione spaziale dilatata, il senso di una dinamica tutta interiore di immagini allusive di figurazioni emblematiche.

La scala acromatica (inchiostro di china, gouache, carboncino, grafite) traduce e misura con l’immediatezza della percezione, la possibilità di orientarsi nello spazio scenico, dove sperimentare l’efficacia e la funzionalità espressiva delle forme mediante le gradazioni delle sfumature a volte contrastate da diversi colori sfumati in uno o più toni, per cui l’arte di Stigliano è intesa come modello di attività sostanzialmente libera e autograficante, e come tale, in grado di agire sui fruitori in senso vivificante e liberatorio. Ci troviamo di fronte ad immagini tipiche di certi stati psicologici prevalentemente vissuti nel sogno, Fechner, scrive Freud in Introduzione alla psicanalisi: “formulò una volta l’ipotesi che la scena sulla quale si svolgono i sogni (nella psiche) sia diversa da quella della vita rappresentativa vigile”.

L’artista, detta con le sue opere messaggi autoriflessivi dove lo squarcio di vita urbana con le sue eccitazioni, le sue ansie represse e deviate, il suo paesaggio effimero, labile o come scrive Baudelaire nel primo progetto di prefazione ai Fiori del male: “formicolante e pieno di sogni”. Anche se per il poeta, la città rappresenta lo scadimento della natura tramutata dal progresso, nella loro tessitura metaforica conserva quella aspirazione di liberazione dal male, dalla noia: “Nelle pieghe sinuose delle vecchie capitali/ dove tutto anche l’orrore diventa incantesimo/osservo guidato solo dai miei umori fatali/ esseri singolari, affascinanti e decrepiti”.


Stigliano nelle sue opere afferma che non siamo più spettatori ma attori della performance e che l’illusione dell’immagine conferisce disillusione qualora si riesca a semantizzare il reale ed elidere l’illusione ricostituendo una illusione ricreatrice, realistica, mimetica. In questa connotazione si manifesta la differenza tra mondo vero e mondo apparente proprio attraverso la rimozione della realtà che è solo interpretativa e appartiene al processo ermeneutico di lettura mentre l’opera, conserva la produzione stilistica dell’apparenza.

I personaggi che affollano la città, la piazza, i luoghi sfuggono alla distinzione ontologica, permangono nel tempo, si manifestano come fluidità e densità. Una linea di ricerca quella di Stigliano, che procede dal rapporto di personaggi o figure immateriali senza l’enfasi sulla corporeità, agli ambienti sensibili e stilizzati, dettata dalla relazione percezione-immaginazione, e da una esperienza estetica veramente significativa. L’artista per mezzo dei suoi quadri vuole tradurre la nozione di “Dasein” di Martin Heidegger dove esistenza vuol anche dire per il filosofo tempo e temporalità superando l’impostazione di Husserl che conserva il principio di separazione tra l’essere e il mondo cioè tra ciò che è costituito e ciò che è costituente. Heidegger reimposta il rapporto tra esistenza e quotidianità quindi “Dasein” è orientato verso il futuro annullando il presente nel passato.

L’artista non soggettizza la vita ma la rinvia all’essere, come essere nel mondo esprimendo quel senso dell’esistenza che il filosofo ha chiamato “sein und zeit ” cioè essere e tempo, un tempo statico, permanente, pur nel suo succedere terreno, di trasformarsi. Nelle opere di Stigliano si enfatizza pertanto un rapporto tra ontologia (dottrina dell’essere o metafisica) e fenomenologia, (apparenza illusoria) destinato a confluire in episodi di pura e formidabile espressione di un linguaggio intimamente permeato degli apporti meditativi e sperimentalistici.

Mauro De Felice